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lunedì 8 dicembre 2014

no...non la vediamo la ferita....


 
 Immaginiamo invece di avere una ferita
in un punto del nostro corpo in cui non ci è possibile vederla.
 E' una ferita particolare, in quanto non sempre sappiamo come e quando ce la siamo procurata.
 In verità, spesso non sappiamo neanche di averla. 
Un giorno però, una persona ci tocca inavvertitamente proprio in quel punto,
 e questa misteriosa ferita comincia a sanguinare
. Da quel momento in poi, ogni volta che qualcuno metterà il dito nella nostra piaga,
 questa si aprirà, sanguinerà, e ci darà dolore
 del passato,
che non vediamo, ci condannano a procurare altre ferite sia agli altri che a noi stessi.
 Finché non accettiamo le nostre ferite, abituandoci ad esse..
queste ci perseguitano.  
Come dicevo, è una ferita particolare: non guarisce mai da sola,
 si ingrandisce sempre di più, e procura sempre più dolore quando viene stuzzicata. 
 

Come la si può guarire? Occorre innanzi tutto vederla, prenderne coscienza.
 Poi bisogna avere il coraggio di aprirla, farla sanguinare per l'ultima volta,
 e curarla con dolcezza e attenzione.
 Come per miracolo, dopo  alcuni giorni di medicazione durante i quali l'avremo pulita e disinfettata a dovere,
la ferita sparirà per sempre. 
 
La nostra anima è piena di ferite nascoste, grandi o piccole, 
delle quali siamo molto spesso inconsapevoli.
 Abbiamo un solo modo di "vederle",
 ed è attraverso il dolore che ci procurano quando sanguinano.
 Ogni volta che una ferita sanguina,
 noi abbiamo l'opportunità di accorgerci della sua esistenza, 
e allora possiamo decidere di guarirla..
E' questione di prendere una libera e sana decisione,
Buon Avvento, tempo d'Attesa dell'Amore che nasce nei nostri cuori!
Tanta gioia a noi tutti! 
 

giovedì 2 maggio 2013

Ricordo...di "Cioccolata"..



CIOCCOLATA VERA
("La pratica dello stupro di gruppo di prigioniere da parte dei soldati era un fatto comune nei campi."
- Recluso anonima di Auschwitz - )

.........
"Mi attirarono fuori dalla baracca
con promesse di cioccolata
e parole come ”Schätzchen”,
ma le altre donne sapevano,
e, ancor prima di udire i rumori là fuori,
mi chiamarono puttana dei soldati.
Anch’io sapevo,
ma la fame ha un modo tutto suo di cambiarti,
e di farti scordar chi sei.
Buffo, come vi possa essere speranza nella disperazione.
Gettarono la cioccolata per terra
e risero: ”Da friß.” La desideravo da impazzire,
ma il sapore fu di fango. ”Dreh dich rum, Judenschwein.”
Vidi enormi stivali neri, paia e paia,
e il terreno così fangoso
da far sprofondare il mio corpo.
Tirai su il mio abito da prigioniera ed allargai le gambe.
Erano così leggere e s’aprirono così facilmente
che ringraziai Dio, sapevo
che non avrei resistito.
Questo corpo non è più mio, questa fame;
finalmente, non c’è più motivo di lottare.
Mi chiedo ora se il loro desiderio di me
fosse una brama di morte:
fottere una donna calva ch’era soltanto pelle e ossa,
la cui unica salvezza era una tazza di zuppa acquosa
per cena, una fetta di pane raffermo,
e forse, se i soldati l’avessero di nuovo voluta,
questa volta, un pezzo di cioccolata vera
."